IL PASSATO CHE NON PASSA - TERNI E LA SUA LIBERAZIONE 1944 - 2018
In memoria di Enrico Carloni
Dopo oltre mezzo secolo dalla fine
della guerra rimangono dei nodi storiografici che pregiudizi ideologici e
interessi politici impediscono di sciogliere. Tra questi nodi il più complesso
e intricato riguarda il periodo 1943-1946 in cui si decisero i destini
d’Italia, con la transizione dal fascismo alla democrazia, attraverso la
guerra, la Repubblica Sociale, la Resistenza, la lotta politica. Si tratta
ancora di sapere come sono andate effettivamente le cose, per quali vie
profonde e segrete è avvenuto il passaggio da un regime all’altro, da un
sistema di valori etico-politici a un altro.
In un panorama più limitato e ravvicinato, per noi si pone il problema di capire come si
è compiuta la transizione nella realtà umbra e ternana in particolare, di spiegare
la conversione di una regione e di una città dal fascismo al comunismo, la
metamorfosi dal nero al rosso.
E questo è possibile solo a condizione di riprendere il lavoro
storiografico in maniera serena e obiettiva, senza farsi condizionare dalla
politica e dalla cultura accademica ad essa legata.
Nel periodo 1943-46 sono avvenute
dei fatti che hanno impresso un segno
decisivo a tutta la storia successiva fino ai nostri giorni. Lì bisogna
scavare, alla ricerca degli eventi
chiave, dei motivi originari e
determinanti. Gli interrogativi sono sempre gli stessi: come è riuscito il
partito comunista a egemonizzare la politica e la cultura? come è avvenuta la
formazione della nuova classe dirigente post-fascista? come si è fondato il nuovo sistema di potere sul fenomeno
resistenziale?
Abbiamo dei dati che non spiegano ma
pongono problemi. Innanzitutto il fascismo a Terni godette di un ampio
consenso, la città era considerata “pupilla del Duce”; il dissenso fu un
fenomeno fisiologico, facilmente represso: il partito comunista era “quasi
inesistente”; anche dopo il 25 luglio
i comunisti non riuscirono a “fare qualsiasi azione di massa”; le cose cambiarono dopo l’8 Settembre,
a causa dei bombardamenti, della sconfitta militare e della resa
incondizionata, tuttavia l’amministrazione
della Repubblica Sociale, sostenuta dalle armi tedesche, funzionò fino ai primi giugno del ‘44 con un
buon apparato burocratico e militare; la Resistenza nella zona di Terni, come
nel resto dell’Umbria, fu un fatto di élite e non di massa; le bande
partigiane ebbero scarsa presa sulle
popolazioni urbane e contadine; il Comitato di Liberazione Nazionale ebbe una
struttura gracile e un’attività assai limitata; i partiti antifascisti,
compreso quello comunista, mancavano di quadri all’altezza della situazione.
Eppure, malgrado tutto questo, il
fascismo è stato spazzato via al passaggio del fronte; il partito comunista,
anche se impreparato politicamente e ideologicamente, ha saputo imporre la sua
strategia di conquista; il movimento partigiano, a dispetto delle carenze
organizzative, delle insufficienze quantitative e qualitative, è riuscito a controllare la transizione, a
gestire il difficile dopoguerra. Come è stato possibile una cosa del genere?
Per rispondere a questa domanda bisogna ricostruire gli avvenimenti, seguire i
processi storici, valutare le forze in campo, senza trascurare il peso delle
ideologie, delle fedi, dei miti. Non basta tener conto del ruolo della classe
operaia, è necessario studiare anche il comportamento della borghesia, del ceto
medio, da cui sono usciti i quadri dirigenti e intellettuali dei partiti di
sinistra che hanno governato il Comune e la Provincia di Terni nel lungo dopoguerra.
Tra le poche cose che sono state scritte sul fascismo e
l’antifascismo a Terni, solo alcune hanno un valore scientifico, le altre
appartengono al repertorio dei luoghi comuni, delle deformazioni ideologiche.
La Resistenza per anni è stata oggetto
di culto, di apologia e di celebrazioni, perdendo di fatto il suo valore entro i soliti cliché della sinistra, su
cui alcuni hanno costruito le proprie
fortune politiche. Di fronte a tentativi di far emergere la verità,
di restituire alla storia umanità e
drammaticità, non sono mancate reazioni intimidatorie, di stampo staliniano.
Ma i tempi sono maturi per un diverso approccio alla storia contemporanea, per
combattere l’amnesia in tutte le sue forme, anche quelle più subdole, e restituire anche alla piccola comunità di
Terni la memoria del passato e la sua identità storica.
La ricorrenza del 13 giugno, al
di là dell'evento celebrativo, può esser un'occasione per riflettere su questi
problemi che urgono nella coscienza
collettiva.
Vincenzo Pirro (1938-2009)
(già Pubblicato da V. Pirro il 13 Giugno 2001 per il Corriere dell'Umbria)
Il libro dedicato a Maceo Carloni ucciso dai partigiani nel Maggio del 1944 |
Il poster delle manifestazioni del 13 Giugno 2018 patrocinate dal Comune di Terni
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